Camillo Girelli, Oscar Belluco, Antonio Giliberti, Leonardo Beccaro e Mario Macri. A loro sono state dedicate le prime cinque pietre di inciampo di Venaria. Cinque delle innumerevoli vittime a causa dello sterminio nazista che ha riguardato, purtroppo, anche la nostra città.

I mattoncini della memoria, che consistono in una piccola targa d'ottone della dimensione di un sampietrino, sono state poste davanti alla porta delle abitazioni di ognuno di loro. Sopra, incisi, i dati anagrafici, l'eventuale luogo di deportazione e la data di morte, se conosciuta.

A Venaria, questo lavoro certosino è tutto merito dell’Anpi sezione “Martiri della Libertà”, che ha voluto collaborare con il Comitato della Memoria, perché tutto questo potesse essere realizzato, a seguito della mozione passata in consiglio comunale un anno fa.

Le pietre d’inciampo sono un percorso di divulgazione e di ricerca. Il vice presidente dell’Anpi cittadina, Annibale Pitta insieme a Teresa Moriondo e Riccardo Ritiri hanno realizzato, infatti, un lavoro d’indagine importante: “Abbiamo accettato di sposare l’idea di Lucio Monaco, vice presidente dell’Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti e tecnico scientifico dell’archivio dell’Istoreto. Monaco, ospite in una nostra serata, ci aveva consigliato di salvaguardare la memoria di deportati non solo della comunità ebraica. Ma anche di partigiani come Oscar Belluco. Oppure ritenuti oppositori politici o militari che nel ‘43 si opposero alla dittatura fascista e vennero catturati. Noi ci siamo fatti carico di questa missione. Affinché ci sia una visione completa della storia e delle testimonianze. Così, quando è stata approvata la mozione, abbiamo cominciato a cercare i nomi presso l’Archivio anagrafico di Venaria e l’Archivio Storico, l’archivio dell’Istoreto di Torino e l’archivio tedesco di Bad Arolsen. Non è stato facile: è stata una ricerca minuziosa e certosina perché le schede erano in lingua tedesca oppure erano rese in una calligrafia quasi indecifrabile. Per un maggior approfondimento abbiamo ascoltato anche le testimonianze dirette, di anziani o di familiari”, spiega Pitta, vice presidente Anpi e colui che si è occupato della ricerca storica.

Oltre ai cinque cittadini, sono stati riportati alla memoria anche i soldati venariesi che nel ’43 furono catturati in un rastrellamento tedesco, proprio dove ora c’è la stele, in loro onore: “Mentre si scorrevano i nomi tra gli archivi, avevamo individuato un documento risalente al 16 settembre del 1943 - pochi giorni dopo la proclamazione dell’armistizio e quando i tedeschi invasero le città italiane - precisamente, viene riportato anche l’ora: alle 16, si invitavano i militari a partecipare a un’assemblea, una sorta convocazione, che in realtà si rivelò una trappola. Furono catturati 290 soldati venariesi e deportati nei campi di concentramento, c’è chi riuscì magari a sfuggire da quei luoghi di tortura o chi invece non è mai più tornato”, continua Pitta.

L’Anpi è custode della memoria storica di uno dei periodi più bui del ‘900: “Il monito alle generazioni è quello di ricordare perché non accada mai più, mentre si scorrevano i nomi fra gli indici e le documentazioni, danno ancora più conferma delle nostre convinzioni, di giustizia e di libertà, che la nostra Costituzione sancisce. E a chi non è più tornato, con le pietre d’inciampo e la stele dedicata ai 290 soldati, si dà la possibilità di tornare alla memoria cittadina, che per lungo tempo è stata taciuta, contrariamente a chi voleva cancellarli e ritenerli un numero” conclude Pitta.

Silvia Iannuzzi