Trenta anni. Tanto è passato da quel drammatico 5 novembre 1994. Quel giorno Venaria fece i conti con il dramma del crollo dell'ala del palazzo di via Cavallo, a ridosso del torrente Ceronda e del ponte. 

«Colpa», se così si può dire, dell’erosione delle fondamenta da parte dell’acqua del Ceronda, come spiegarono gli esperti nei giorni successivi.

Ancora oggi, a distanza di trenta lunghi anni, tutti nella Reale si ricordano di quel giorno. Anzi, a dirla tutta, di quei lunghi e interminabili giorni. Cadenzati dalle sirene dei mezzi di soccorso. Dai mezzi della Protezione Civile, che fecero scattare il piano di evacuazione, mettendo in salvo chi risiedeva in quel palazzo.

Sempre in quei giorni, i venariesi ricordano gli autobus bloccati - 80 persone in tutto, tra cui una scolaresca - mentre erano in gita nel parco La Mandria, salvati dall’arrivo d’urgenza di due mezzi anfibi dei vigili del fuoco di Pavia e Piacenza, come raccontano le cronache dell’epoca.

L'ingegner Natale Inzaghi, all'epoca Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Torino, ricorda quell'evento: «Nella notte tra il sabato 5 e la domenica 6, le zone colpite dagli eventi alluvionali erano numerose: Venaria Reale e zone limitrofe. Questa è la zona dove da subito si è manifestato l’evento con una certa gravità, per l’ingrossamento del torrente Ceronda. Il torrente, abbattutosi con furia sull’abitato e sulle zone circostanti, ha causato moltissimi danni ad abitazioni, a strutture industriali e ad infrastrutture. Il danno maggiore è costituito indubbiamente dal crollo di un’ala di un caseggiato di Viale Carlo Emanuele, perché troppo vicino al torrente che aveva eroso l’argine proprio nel punto dove affondavano le fondamenta dello stabile, tanto da minarne la stabilità. Non si sono avute vittime perché fortunatamente era già stato evacuato, nel primissimo pomeriggio, dei suoi abitanti: cinquanta famiglie residenti. Altre trenta famiglie residenti in villette di via Stefanat, altra zona isolata dalla piena del Ceronda, sono state evacuate dai nostri mezzi anfibi. Tutti i ponti sono stati chiusi al transito. Industrie come la “Icove”, la “Insid”, “Ica Alimentari”, la “Utimac” e molte altre ancora, hanno subito ingentissimi danni sia nelle strutture che nei macchinari, tanto da essere in forse il loro futuro. Anche il complesso del Parco Regionale de “La Mandria” ha subito danni. Alcuni dei ponti che collegano il parco con il Comune di Venaria sono stati seriamente danneggiati».

Il presidente del consiglio regionale Nicco: "Aiutiamo i sindaci a mettere in sicurezza i territori, senza mai abbassare la guardia"

“Le immagini della drammatica alluvione di trent’anni fa sono ancora impresse nei nostri occhi, non si cancellano. E ritornano prepotentemente guardando quello che è avvenuto a Valencia”, le parole del presidente del Consiglio regionale Davide Nicco in occasione del trentesimo anniversario dell’alluvione che colpì il Piemonte nel 1994 causando 69 vittime e oltre duemila sfollati.

“Quella tragedia – continua Nicco - ha lasciato al Piemonte una profonda eredità di consapevolezza sui temi della gestione del rischio idrogeologico e della protezione civile. Ci ha insegnato quanto sia cruciale investire nella prevenzione, nella pianificazione e nel monitoraggio del territorio. E quanto sia pericoloso costruire nelle aree a rischio. Oggi a Torino e nella nostra regione sono tanti i cittadini che vivono in zone vulnerabili”.

Il cambiamento climatico aumenta la frequenza e la violenza degli eventi estremi.

“Sono stati fatti significativi investimenti per costruire e rafforzare argini, dighe e altre infrastrutture di contenimento, per limitare l’impatto delle piene. Tuttavia, resta cruciale proseguire su questa strada, modernizzando ulteriormente queste opere e rendendole più resilienti agli effetti dei cambiamenti climatici. Senza dubbio quel tragico evento ha portato alla creazione di sistemi di allerta più tempestivi e avanzati, grazie ai quali è possibile oggi prevedere e reagire con maggiore rapidità. Il nostro sistema di monitoraggio e allerta è tra i primi in Europa, ma la memoria dell’alluvione del 1994, ed i fatti di Valencia, devono ricordarci l’importanza di non abbassare mai la guardia”.

Resta, però, una preoccupazione nell’attuazione dei piani di emergenza dettata proprio dalla complessità del sistema amministrativo e normativo.

“Lo dico da ex primo cittadino – sottolinea Nicco - di un piccolo comune e mi faccio portavoce di tanti amministratori locali: i sindaci, che sono i primi a dover rispondere alle emergenze, spesso si trovano, con progetti pronti, a confrontarsi con autorizzazioni che tardano ad arrivare e che impediscono un intervento diretto e tempestivo, facendo sì che molte iniziative di prevenzione e manutenzione fluviale vengano rimandate o rimangano parzialmente attuate. Non può essere ammissibile. Inoltre, la complessità delle procedure di finanziamento spesso impedisce agli enti locali di accedere rapidamente ai fondi per la messa in sicurezza del territorio”.

“Dobbiamo adoperarci tutti per creare un sistema più snello e reattivo per garantire che, in caso di emergenze, gli amministratori locali possano rispondere in modo efficace e tempestivo, senza essere bloccati da lungaggini burocratiche o limiti di competenza”, conclude il presidente Nicco.

Foto tratta dall'archivio de "La Voce e il Tempo"